Primo Carnera

Cleto Capponi

  • tecnica: Immagine scansionata su materiale plastico

  • data: 1934 (riprodotto nel 2020)

  • dimensioni: mm 700 x 510

  • collocazione: Sezione 1 (“Genius Loci”)

approfondisci

Primo Carnera

Cleto Capponi

Questa immagine riproduce un disegno giovanile, oggi smarrito, di Cleto Capponi (Ascoli Piceno, 1912 - Grottammare, 2000), un poliedrico artista dedicatosi nel seguito della sua carriera soprattutto alla scultura, alla pittura e all’arte ceramica. Si tratta di una delle raffigurazioni più suggestive di Primo Carnera (Sequals, 1906-1967), il pugile friulano che fu il primo italiano a fregiarsi del titolo di campione del mondo dei pesi massimi, battendo a Long Island, il 29 giugno 1933, il detentore Jack Sharkey per KO alla sesta ripresa.

Pubblicato sul quotidiano Il Messaggero nel gennaio 1934, il ritratto cade proprio nel momento di maggior gloria sportiva di Carnera, un periodo di non lunga durata (nel giugno di quell’anno, infatti, perse il titolo e non riuscì più a riconquistarlo) durante il quale il fascismo cercò di farne un simbolo nazionalista, stabilendo un nesso tra la straordinaria forza fisica dell’atleta e la politica di potenza perseguita dal regime. Di questa esaltazione della prestanza del gigante friulano testimoniano diverse opere, quali un notevole Primo Carnera dipinto da Giacomo Balla nel 1933 (Roma, Collezione Cerasi) e la statua con i connotati del pugile collocata nello Stadio dei Marmi al Foro Italico di Roma.

Accanto a questa immagine di gagliardia implacabile e super-virile, però, esisteva un’iconografia di Carnera totalmente diversa, quella del “gigante buono”, la quale faceva leva sul candore e sulla bontà d’animo di questo individuo alto oltre 2 metri, che pesava 126 chili. Una combinazione così singolare di cordialità e vigore, ingenuità e imponenza, colpì il pubblico di vari paesi, compresi diversi artisti che, mettendone in evidenza il rassicurante sorriso, vollero sottolineare la gentilezza della “Montagna che cammina” (uno dei suoi soprannomi). La più nota rappresentazione artistica del Carnera sorridente comparve il 5 ottobre 1931 sulla copertina della rivista newyorkese TIME.

Una delle particolarità del disegno di Capponi è la capacità di riunire le due tendenze appena descritte. Moderatamente caricaturale, con un grado di sproporzione anatomica che decresce dal basso verso l’alto, il profilo del pugile vi si mostra con un sorriso largo e bonario; ma nello stesso tempo, la mascella enorme e il collo taurino trasmettono il senso della forza bruta. L’invisibilità dell’occhio produce un grado di ambiguità ulteriore, non permettendo di capire fino in fondo se il colosso sia più disposto alla carezza o al pugno.

Anche in rapporto allo stile adottato dal precoce artista, all’epoca ventunenne, si nota un raro equilibrio, dato che l’opera riesce a conciliare la semplificazione e la geometrizzazione tipiche del ritratto futurista e la somiglianza fisionomica del ritratto tradizionale. Invece di disegnare un volto piatto, con pochi tratti essenziali, come facevano in quegli anni diversi pittori futuristi, Capponi definisce un tracciato di partenza entro il quale progressivamente aggiunge linee marcate, geometrie di piani e zone in chiaroscuro, offrendo così un’interpretazione personale tanto dei canoni formali del Futurismo quanto di un tema caro alle avanguardie artistiche novecentesche come il pugilato.