Sogno

Andrea Pazienza

  • tecnica: Immagine scansionata su materiale plastico

  • data: 1982 (riprodotto nel 2020)

  • dimensioni: mm 850 x 600

  • collocazione: Sezione 1 (“Genius Loci”)

approfondisci

Sogno

Andrea Pazienza

Il talento artistico di Andrea Pazienza si manifestò molto presto, e molto presto gli venne riconosciuto. Il primo riconoscimento di cui si ha notizia lo ottenne proprio a Grottammare, quando, quattordicenne, si vide assegnare un premio di pittura riservato agli under quindici. Seguirono altre vittorie, la partecipazione con i propri quadri a mostre collettive e, a diciassette anni, nel dicembre 1973, la sua prima mostra personale. A ospitarla fu la Sala d’Arte Guglielmi di San Benedetto del Tronto, la città dove era nato il 23 maggio 1956. All’epoca Pazienza frequentava un liceo artistico a Pescara, era in procinto di proseguire gli studi a Bologna e nel giro di pochi anni avrebbe maturato la decisione di mettere da parte la pittura, optando per l’arte più “popolare” del fumetto. Tramite il mezzo espressivo con il quale è diventato famoso, Pazienza ha evocato più volte il suo “lungomare” di nascita (nacque infatti in una casa antistante il mare Adriatico), anello di un percorso geografico “minore” che la sorte e le scelte gli riservarono. Come disse in un’intervista televisiva rilasciata a Clive Malcolm Griffiths non molto tempo prima di morire (scomparve il 16 giugno 1988 in Toscana, a Montepulciano, ad appena 32 anni), confrontando la propria vicenda di italiano di provincia con quella altamente esotica del grande fumettista Hugo Pratt:

è tutta una vita finta. C’è Pratt che è nato non si sa dove, da una madre gitana, il padre irlandese, che è stato in Patagonia; è vissuto in Argentina in un periodo molto fertile. E io, tutto così, no? Sono nato sul lungomare di San Benedetto, mi sono trasferito in Puglia, però... Questo lungomare, questa Puglia degli anni Sessanta, Bologna negli anni Settanta, la Toscana oggi: in fondo, è un disegno molto più piccolo, ma assomiglia a questi grandi disegni. È finto, anche qui è finto.

Un momento di questa finzione ⎯ forse da intendere nel senso di una trasfigurazione ironica della realtà ma anche, nello stesso tempo, alla luce del doloroso bisogno di un’autenticità impossibile ⎯ lo troviamo esplicitamente rappresentato in un Sogno a fumetti pubblicato nel 1982 sulla rivista Linus, che racconta in prima persona una piccola esperienza onirica ambientata nelle acque più familiari possibili, quelle del mare dirimpetto alla casa natale, il quale così inizia:

Ho fatto un sogno:
sognai che partivo da San Benedetto
con un pattino nel mare olio
nove di mattino

Alla prima secca, nel mare basso tipico di queste parti, il sognatore vede fare capolino dalla sabbia “l’occhi dei cannelli”, mentre l’acqua gli “spettina i diti” e, vista da lì, la cittadina gli pare simile a una fantomatica “repubblica di palme e birilli”. La seconda tappa corrisponde a una seconda secca, nella quale il protagonista indugia pigramente (“Io che ho fatto colazione di cornetti / remo un remo sì e uno no”) e dalla quale inserisce nella cornice i turisti estivi, tipizzati con una “donna di Milano” in piedi sulla spiaggia. Sulla scena assolata e rilassata entrano poi ulteriori elementi marini e conviviali, fino alla rottura traumatica dell’idillio nel finale, che senza soluzione di continuità (e senza fermarsi allo stop, come le convenienze pure richiederebbero) prevede l’investimento di un cane da parte di una Fiat 131:

Sognai che l’acqua profumava di correnti e non esisteva che
un languore di colli e prospettive di ristorante, quando io mi
metto qui io mi metto qui,
e il cane traversa
a corsa lo spiazzo di forno,
sbucando da un cinto di canne
(STOP, BENE COSÌ)
e si schiaccia sotto un centotrentuno