Diabolik è un serie a fumetti italiana che viene pubblicata ininterrottamente, con cadenza mensile, da oltre sessant’anni. È incentrata su un ladro in calzamaglia nera costantemente impegnato nella realizzazione di furti sensazionali, stupefacenti per audacia e inventiva. Fin dal primo numero, uscito nel novembre del 1962, il suo protagonista è noto come “il re del terrore”, poiché si tratta non solo di un ladro, ma anche di un assassino spietato e inafferrabile. Gli albi, pubblicati dalla casa editrice Astorina, sin dall’inizio hanno come formato regolare una dimensione “tascabile” che successivamente ha fatto scuola, il cosiddetto “formato Diabolik” (17 x 12 cm).
La nascita di Diabolik si deve alla creatività e all’acume commerciale di Angela e Luciana Giussani, due sorelle della buona borghesia milanese, che, osservando il crescente fenomeno del pendolarismo nella loro città, pensarono che lavoratori e studenti avrebbero potuto apprezzare un giallo a fumetti comodo da trasportare durante i loro spostamenti. Il prodotto editoriale scaturito da questa intuizione ha goduto di un successo enorme, tanto da diventare, con il passare del tempo, un elemento dell’immaginario collettivo nazionale e uno dei sintomi della modernizzazione del Paese negli anni del boom economico. Diabolik, infatti, sferra un attacco frontale tanto al moralismo piccolo-borghese ereditato dagli anni Cinquanta quanto all’infantilismo della maggior parte dei fumetti precedenti. Gli ambienti più tradizionalisti tentarono a più riprese di contrastarne la fortuna, mediante denunce, pubbliche reprimende e accorati inviti a tenersene lontani. Giovani e meno giovani, però, hanno continuato a parteggiare per questo fuorilegge incallito, eversivo rispetto ai sistemi di valore dominanti, coadiuvato da un’ardimentosa e incantevole compagna, Eva Kant, un soggetto non meno pericoloso di lui. Sebbene operino esclusivamente per avvantaggiare se stessi, questi antieroi non si fanno scrupoli morali, dato che le vittime prescelte (personaggi ricchi e potenti, istituzioni bancarie, organizzazioni criminali) hanno spesso una coscienza più cattiva della loro.
Nonostante sia capace di assumere qualsiasi identità grazie a mascheramenti perfetti, la coppia di banditi conduce una vita appartata. Concentrati piuttosto sulla pianificazione delle imprese delittuose e sulla loro realizzazione con piglio agile e sicuro, non agiscono per avidità, ma come mossi da un impulso irrefrenabile verso la sfida e l’avventura in sé. Le loro storie si reggono su uno schema narrativo semplice e collaudato, nel quale la creazione della suspense ha valore relativo, dato che quasi sempre, in linea con le aspettative dei lettori, l’esito è favorevole ai ladri. Ciò non significa, tuttavia, che le loro vicende seguano procedimenti stereotipati o che gli avversari (a partire dall’Ispettore Ginko, il loro arcinemico) siano privi di mezzi intellettuali e materiali in grado di metterli in difficoltà anche estrema.
L’approccio meticoloso e razionale di Diabolik trova un riscontro nella precisione e nel rigore “classico” della sua rappresentazione grafica, un ambito in cui si sono cimentati alcuni dei maggiori disegnatori italiani di fumetti. Tra questi, dal 2001 al 2023, c’è stato Angelo Maria Ricci (Rieti, 1946), l’autore del disegno di cui parliamo, che presenta il volto di Diabolik mascherato e illuminato, visto di tre quarti, e un’iscrizione con la quale rivolge un saluto affettuoso a Grottammare, la cittadina in cui il disegnatore risiede. L’omaggio non è puramente occasionale, dal momento che Ricci, nel corso della sua ultraventennale attività al servizio dell’elegante ladro in calzamaglia, ha punteggiato le sue tavole di una serie cospicua di riferimenti alla cittadina adriatica: edifici, piazze, monumenti, fontane, scorci panoramici; che, se non sono arrivati a fare di Clerville (la città fittizia di Diabolik) un equivalente a fumetti di Grottammare, comunque hanno conferito agli albi di Diabolik prodotti nel nostro secolo una certa aria di famiglia, almeno agli occhi dei lettori di queste parti.