All’interno della versatile attività di Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso, 1874 - Roma, 1928), la xilografia ebbe un’importanza primaria, tanto che in età matura l’artista volle dedicarle un trattato (La xilografia, 1924). Furono diverse le ragioni che lo portarono a prediligere questa antica tecnica di incisione in rilievo, tecnologicamente obsoleta già nella sua epoca, data la diffusione di procedimenti fotomeccanici di riproduzione a stampa. Una delle ragioni fu proprio il suo arcaismo: la “lentezza” di una pratica che ha a che fare con il telaio di legno, un materiale povero, come tale più vicino all’arte popolare e quindi, idealmente, al popolo stesso. L’accessibilità potenziale di un pubblico vasto anche a questo tipo incisioni, riproducibili in più copie, costituiva una spinta ulteriore, dato che de Carolis aveva una visione idealistica della fruizione estetica in linea con quella elaborata a partire dalla metà dell’Ottocento specie in ambito britannico (da John Ruskin a William Morris), contraria all’idea che a godere della bellezza dell’arte potesse essere solo un ristretto numero di privilegiati.
La produzione xilografica di De Carolis iniziò tuttavia con un ritratto privato, non destinato cioè alla divulgazione, dedicato a colei che di lì a pochi anni sarebbe diventata sua moglie, noto come Lina o anche come Ritratto della fidanzata. La donna si chiamava Quintilina Ciucci (detta Lina) e aveva 17 anni nel 1899, l’anno in cui fu eseguito il ritratto. Lo rivela lo stesso De Carolis nell’iscrizione posta nel lato inferiore dell’opera, che, sciolta dalle sigle e tradotta dal latino, appunto si legge: “Quintilina Ciucci, all’età di 17 anni, nell’anno 1899”.
La critica Silvia Zanini ha così illustrato il trattamento del soggetto, in bilico tra due tradizioni figurative:
Il disegno definisce con vigore i contorni tramite una spessa linea nera che incide con energia il volto, le sopracciglia leggermente arcuate, i capelli spartiti sulla fronte, la curva del collo. Con un tratto meno marcato l’artista ha delineato occhi, naso e bocca ed ha reso l’effetto chiaroscurale sul volto con una serie di tratti più leggeri ottenuti con la ripetizione di curvilinee parallele. Le caratteristiche fisionomiche di Lina Ciucci, al di là della rappresentazione ritrattistica del volto della giovane donna, richiamano modelli di bellezza muliebre precisati nella pittura inglese preraffaellita. Ma l’assunzione di tale valenza estetica si pone subito in rapporto con la concezione del Bello dell’antica tradizione italiana. Il volto “inglese” della donna rossettiana, abbandonata ad un senso di estraneità dalla storia e di oblio di sé, immersa in una dimensione atemporale, è stato tradotto attraverso modelli botticelliani.
La figura di Lina ricorre spesso nell’opera di De Carolis, non solo in ritratti ma anche in affreschi e in illustrazioni di vario genere. Queste sue raffigurazioni hanno contribuito in modo notevole a rinverdire la fama di Anticoli Corrado, il paese laziale di cui la donna era nativa, come luogo abitato da persone particolarmente attraenti, spesso ricercate dagli artisti come modelle e modelli.